A me l'arancione fa schifo. Se c'è un colore che trovo proprio insopportabile è l'arancione, lo accetto solo nell'arredamento della cucina. Per fortuna le detenute protagoniste di Orange is the new black devono indossare la tuta arancione per poco tempo, direi che stare in prigione è una punizione sufficiente. L'arancione probabilmente serve a rendere ancora più traumatico il passaggio dalla libertà alla prigionia. Comunque discorsi fashion a parte, questa prima stagione mi è piaciuta.
All'inizio credevo fosse una sorta di OZ al femminile e in parte in effetti è così, soprattutto il modo in cui è strutturato. Le scene di vita quotidiana in prigione vengono alternate con flashback sul passato dei personaggi.
Piper, la protagonista, è la tipica ragazza americana che finirà in prigione a causa di un errore di gioventù. La cosa più interessante è vedere come questa ragazza impaurita (e a tratti insopportabile) passi dal piangersi addosso al reagire ai soprusi delle altre detenute. Fino all'apoteosi finale che segna definitivamente il suo cambiamento. Piper deve passare in prigione un solo anno e questo inizialmente le dà speranza, sa che presto uscirà e potrà tornare alla sua vecchia vita. Ma sarà davvero così? Il suo proposito di restarsene in un angolo e non lasciarsi prendere troppo dalle vicende della prigione fallisce miseramente. Perché, che le piaccia o no, non può isolarsi da quel microcosmo in cui ora vive, quella è la sua realtà. Il mondo esterno è lontano anni luce e anche la vecchia Piper.
Orange is the new black è una serie d'impatto tremendamente reale, con una buona struttura di fondo e un ottimo montaggio.
La mia scene preferita è senz'altro quella del concerto, nell'episodio finale. Un esempio di come dovrebbero essere tutti i finali, di quelli che ti lasciano a bocca aperta e con una tremenda voglia di guardare subito la nuova stagione.
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